Violenza sulle donne: a che punto è la comunicazione sociale?

0 Flares Twitter 0 Facebook 0 Google+ 0 Pin It Share 0 LinkedIn 0 Buffer 0 0 Flares ×

Oggi è il 25 novembre, Giornata Mondiale contro la Violenza sulle Donne ed è questa la circostanza sulla quale il mio viaggio vuole fermarsi.

Come anticipato nella prima parte, la domanda alla base di questo secondo post è: come funziona in Italia il binomio comunicazione sociale e violenza di genere?
Le strategie comunicative realizzate dal Governo negli anni, hanno affrontato il problema nel modo adeguato?

Per una giusta analisi, però, era necessario uscire dai confini nazionali e vedere cosa era stato fatto da Paesi vicini a noi (non solo geograficamente parlando): Spagna e Francia.

E i risultati vi faranno riflettere.

ITALIA

In Italia il Dipartimento per le Pari Opportunità, a partire dal 2006 (anno della prima campagna  sulla violenza di genere) ha ideato ben poche attività a riguardo: ecco le campagne sociali realizzate da allora.

2006“La violenza sulle donne non ha scuse”

2009“Stalking. Quando le attenzioni diventano persecuzione”

2009“1522: è l’ora di reagire”

Immagine della donna

La donna protagonista delle prime due campagne è debole, passiva, spaventata, dallo sguardo avvilito e assente: nella prima campagna prevalgono i lividi e le scuse che “deve” inventarsi per giustificarli, mentre nella seconda troviamo una donna che vive in una gabbia, preda del suo stalker.

L’obiettivo perseguito è da una parte facilitare l’immedesimazione delle vittime nelle protagoniste degli spot e dall’altra stimolare da parte del pubblico un senso di solidarietà e compassione.

Ma è così necessario mostrare donne deboli, lividi, sguardi spaventati per sensibilizzare?
O così facendo, si continua a trasmettere l’immagine errata di una donna che subisce e non conosce i suoi diritti?

Nella terza campagna a sostegno del numero antiviolenza 1522, addirittura, non compare alcuna donna, ma una sagoma che emerge dal buio: l’apertura delle finestre è l’emblema della rottura del silenzio, di un ritorno alla vita e l’headline, che campeggia anche nei manifesti, si rivolge ad ogni singola vittima di violenza, dicendole Non sei sola”.

Peccato che in ogni campagna sociale del Ministero la donna sia, a tutti gli effetti, sempre sola.

L’uomo: il grande assente

L’assenza dell’uomo nelle campagne presentate è dovuto ad una scarsa attenzione verso il tema della prevenzione: non si affrontano le radici del problema. Quando si parla di violenza di genere, infatti, è assolutamente necessario andare molto più a fondo, indagando la matrice culturale del fenomeno e intervenendo attivamente su questo piano.

Educazione e violenza assistita

Nessun accenno all’importanza dell’educazione e al devastante impatto sui bambini che assistono alle violenze.

Unica protagonista, in ogni campagna, è la donna. E non importa se è anche madre.

Fermi al 2009

Ebbene sì, l’ultima campagna risale a quell’anno.

Ma non siamo fermi solo da quel punto di vista: le nuove tecnologie e i linguaggi del 2.0 sembrano essere materia oscura per il Governo.

Basti pensare che il sito web del Dipartimento per le Pari Opportunità è rimasto immutato da quando ho preparato la mia tesi tre anni fa: nessun cambiamento e nessun interesse nell’instaurare un legame più diretto con i cittadini.

• E dopo il 2009?

Il silenzio più assoluto. Proprio quel silenzio da squarciare, quando si tratta di violenza di genere.

Da quell’anno, infatti, il Governo non ha più realizzato alcuna campagna sociale sul tema, ricorrendo sempre a quelle sopra riportate: e così l’immagine della donna nella metro o nella gabbia si è ripresentata sui nostri schermi televisivi, anche a distanza di anni.

E’ una strategia giusta?

No, denota scarso sforzo creativo, scarsa sensibilità, scarso impegno nel trovare nuove idee per sensibilizzare su un dramma così importante, nel voler essere i primi a cambiare le cose.

A dimostrazione di ciò, ecco che quest’anno il Dipartimento per le Pari Opportunità ha deciso di “adottare” la campagna “Riconosci la violenza” realizzata gratuitamente nel 2010 da un gruppo di professioniste impegnate sul tema.

Una buona campagna che, come spiegato dalle sue promotrici, “è diversa perché non troverete né occhi pesti, né occhi bassi. Non vogliamo mostrare altre donne nel ruolo di vittime. Vi regaliamo la prima campagna preventiva sul tema della violenza: ognuno può scaricarla on line e personalizzarla. E’ un decalogo per ricordare alle giovani donne che possono agire invece di subire…imparando a non scambiare la violenza per amore.”

Ecco alcuni dei manifesti scaricabili dal sito ufficiale:

Maria Cecilia Guerra, Vice Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali con delega alle Pari Opportunità, ha così spiegato tale decisione: “Abbiamo scelto questa campagna perché si pone in modo chiaro, non vittimista, ma costruttivo

Fa molto pensare, però, che il Governo sia dovuto ricorrere all’adozione di una campagna realizzata tre anni fa da un gruppo di professioniste esterne per introdurre un cambiamento.

La strada, in Italia, si prospetta ancora molto lunga…ma varcando i confini, le cose cambiano?

SPAGNA

La Spagna, sotto vari punti di vista, si presenta come il Paese maggiormente all’avanguardia nelle sue attività di comunicazione sociale.

Basti pensare che ogni anno, dal 2006, il Ministerio de Sanidad, Servicios Sociales e Igualdad lancia una nuova campagna contro la violenza sulle donne, toccando aspetti sempre differenti.

Qui mi voglio concentrare su tre campagne specifiche:

2008: “Ante el Maltratador, Tolerancia Cero”

2010: “Saca Tarjeta Roja al maltratador”

2012: “Hay salida a la violencia de genero”

Immagine della donna

Confrontate i visual di questi due manifesti: a sinistra la campagna italiana “La violenza sulle donne non ha scuse” e a destra quella spagnola di “Ante el Maltratador, Tolerancia Cero”.

      contro_violenza_donne_difesa_donna_14     cartel2f917-4294-a972-8b75b4779f8dxx270xx0

Da una parte una donna che cerca scuse per giustificare il suo livido (“E’ stato il tappo dello spumante”), dall’altra uno sguardo fiero, orgoglioso di donna combattiva accompagnato da parole altrettanto forti: “Non azzardarti a mettermi le mani addosso mai più”.

Significativo lo spot tv:

L’intera campagna “Ante el maltratador, tolerancia cero” si rivela davvero unica, dal momento che protagonista non è solo la donna: altri due spot e manifesti vogliono mostrare il problema della violenza dal punto di vista dell’uomo e del bambino.

L’uomo non è più invisibile

Se il leit motiv delle nostre campagne sociali è il silenzio delle vittime, la Spagna mira a coinvolgere l’intera collettività e a isolare socialmente ogni uomo maltrattante.

L’obiettivo, infatti, è far capire ad ogni uomo violento che è un rifiuto sociale e per farlo chiede l’aiuto e la complicità di altri uomini.

“Quando maltratti una donna, smetti di essere un uomo”: questo il potente headline del manifesto presente nelle strade delle città spagnole qualche anno fa.

hombre

Gli uomini violenti credono fermamente in una società permeata da stereotipi di genere, dove la donna non ha valore, se non quello di essere una sua proprietà: la loro maggiore paura è la negazione della loro mascolinità ed è, quindi, importante che l’accusa arrivi direttamente dal genere maschile.

La complicità di altri uomini nella lotta alla violenza di genere è centrale anche nello spot tv:

Nel 2010, con la campagna “Saca la tarjeta roja al maltratador” troviamo ancora protagonista l’uomo, con l’intenzione di coinvolgere tutta la società nel suo isolamento sociale.

Il cartellino rosso è il simbolo universale del rifiuto: fuor di metafora, infatti, chi osa commettere violenze su una donna, non fa più parte della società.

Una campagna innovativa alla quale tutti potevano partecipare, dando il proprio contributo: bastava scaricare il proprio cartellino rosso, farsi una foto e condividerla sui social networks o sui propri siti web.

Gente comune, personaggi famosi…tanti risposero all’appello ed eccone alcuni esempi:

Anche nell’ultima campagna sociale, dal rassicurante pay off “Hay salida a la violencia de genero”, la presenza dell’uomo è centrale: come già accaduto negli anni precedenti, il Ministerio non si è limitato a realizzare un solo spot, ma ha cercato di presentare più sfaccettature della stessa tematica.

Ecco due degli spot tv realizzati nel 2012: in entrambi i casi si vuole trasmettere il messaggio che la violenza di genere non riguarda solo la donna, ma tutti, compreso ogni singolo uomo.

• “Mamma, fallo per noi!”

Una delle peggiori lacune della comunicazione sociale italiana viene colmata dalla Spagna con forza e senza cadere in banalità: la violenza assistita.

Nella campagna “Ante el matratador, tolerancia cero”, il terzo punto di vista a cui viene data voce è quello di un bambino: lui rappresenta il figlio di tante donne vittime di violenza che, con occhi velati di tristezza, si rivolge direttamente alla propria madre con una supplica straziante.

“Mamma, fallo per noi: agisci!”

7451415466_8b17114993_b

Ancora più forte lo spot televisivo che cerca di far appello al senso di responsabilità di ogni madre vittima di violenze e di suscitare in noi una forte reazione emotiva: scene che vedono protagonisti bambini e bambine che si nascondono sotto il letto, che si tappano le orecchie per non ascoltare i litigi o che si chiudano in bagno per paura del padre.

Immagini di impatto, ma spaventosamente reali.

• La lotta sul web

La Spagna, fin dalle prime campagne, ha dimostrato un’ampia conoscenza delle nuove tecnologie e delle loro grandi potenzialità: come già anticipato prima, con “Saca la Tarjeta Roja” si è raggiunto un alto livello di engagement grazie alla possibilità di scaricare il proprio cartellino rosso dal sito web dedicato alla campagna e contribuire così alla sua diffusione.

Non solo, ma da anni una sezione del sito del Ministerio de Sanidad è interamente dedicata alla violenza di genere per raccogliere informazioni sul fenomeno, possibilità di assistenza, campagne sociali ed altro; si può inoltre restare costantemente aggiornati su ogni attività del Ministero attraverso la pagina ufficiale Facebook.

Ministerio de Sanidad, Servicios Sociales e Igualdad

FRANCIA

E in Francia come si comunica la violenza di genere?

Di seguito alcune delle campagne realizzate dal Ministère de la Justice e dal Ministère du Travail, de l’Emploi et de la Santé:

2005: “Réagisson avant qu’il ne soit trop tard”

2007: “Violences conjugales. Parlez-en avant de ne plus pouvoir faire”

2009: “Les enfants apprennent beaucoup de leur parents y compris les violences conjugales”

Violenza e morte

La Francia si distingue sia dall’Italia che dalla Spagna per il frequente ricorso ad uno degli 8 registri comunicativi presentati nel mio precedente post: il linguaggio scioccante.

Si tratta di uno stile coraggioso chiamato anche “fear arousing appeal” e che, facendo leva sulla paura e l’ansia, mostra dettagliatamente i lati negativi di una realtà in modo crudo e diretto.

Nel caso specifico della violenza di genere, la Francia pone spesso l’accento sullo stretto legame tra violenze e femminicidi, presentando la morte come un certo e tragico epilogo degli abusi subiti.

Questo il filo conduttore della prima campagna realizzata nel 2005, una campagna rimasta nella storia della comunicazione sociale sulla violenza di genere.

Uno spot di grandissimo impatto, dove il bel volto di una giovane donna e la fissità del suo sguardo nascondono una tragica realtà: il Governo francese, infatti, già da questa prima campagna, voleva mostrare alle donne il rischio che stavano correndo nel non denunciare i propri maltrattamenti, invitandole a non confondere la violenza con l’amore.

Due anni dopo, nel 2007, una nuova campagna promossa dal Ministére de la Santé presentava un pay off inequivocabile: “Parlez-en avant de ne plus pouvoir faire”

Parlate prima di non essere più capaci di farlo.

Nuovamente si ricorre ad un linguaggio scioccante, ma mai eccessivo, per spiegare alle donne l’alta probabilità di diventare future vittime di omicidio per mano del proprio maltrattante.

“Mio marito mi ha picchiata ed umiliata per 10 anni. Mi ha rotto più volte il naso, le gambe, i denti. Ma da 15 giorni tutto è finalmente finito”: questa è la storia raccontata da una voce femminile fuori campo e che lascerebbe presagire un lieto fine, ma un improvviso cambiamento di inquadratura, come avvenuto nello spot precedente, lascerà spazio a ben altra conclusione…una conclusione che ci colpirà dritti allo stomaco.

• I bambini ci osservano

Come la Spagna, anche la Francia si è mostrata particolarmente attenta al problema della violenza assistita, lanciando nel 2009/2010 una campagna interamente dedicata all’impatto negativo che le violenze su una donna possono produrre sui figli testimoni e sulla loro educazione.

Molto forte il pay off “Les enfants apprennent beaucoup de leur parents y compris les violences conjugales”.

I bambini apprendono molto dai loro genitori, comprese le violenze.

Eloquente il visual del manifesto…

Enfants et violences conjugales

…e ancora più impressionante lo spot della campagna, dove un bambino ed una bambina interpretano due adulti impegnati in un violento litigio che culminerà con la caduta a terra della vittima.

Sequenze fortissime che colpiscono al cuore, con l’intento di parlare direttamente ad ogni madre vittima di violenza: vedere con i propri occhi il terribile impatto sui figli può generare una tale ansia da spingerle a voler cambiare le cose subito, prima che sia troppo tardi…perché i bambini ci osservano, ricordiamocelo sempre.

Un Ministero 2.0

Ancora più della Spagna, la Francia ha saputo cogliere le potenzialità del web e delle nuove tecnologie e da qualche anno ha deciso di dedicare un sito web esclusivamente alla difesa dei diritti delle donne ed un altro ancora più specifico sulla violenza di genere (Ministère des Droits des Femmes e Stop Violences Femmes): due lavori esemplari, molto curati, ricchi di informazioni importanti e contributi utili per l’intera collettività e che dimostrano la forte volontà da parte del Governo francese di far sentire la propria vicinanza ad ogni singola vittima.

Come in Spagna, anche qui il legame diretto con i cittadini viene sostenuto da una costante presenza sui social networks (Twitter e Facebook).

Ministère des Droits des femmes

 

Rispetto a Spagna e Francia, l’Italia ha dimostrato di avere una visione parziale del problema, adottando un approccio riduttivo e poco incisivo: non si è compresa l’importanza di rendere visibile l’uomo, di non mostrare solo donne deboli e inermi, di riflettere sull’impatto delle violenze sui figli che assistono impotenti (ma che osservano e “imparano”), di parlare dell’educazione ai bambini e di far capire alle donne il rischio mortale che corrono nel non uscire dalla spirale di violenza.

Ma se abbandoniamo il settore pubblico, fortunatamente, troviamo tanti esempi di buona comunicazione sociale in Italia dove si è deciso di affrontare il problema da altri punti di vista.

Ultima, in ordine di tempo, la bella iniziativa NoiNo.org, campagna di sensibilizzazione e community online rivolta ai maltrattanti e che ha una particolarità: è realizzata proprio da una rete di uomini che hanno deciso di scendere in campo e dire “Basta” alle violenze sulle donne.

Ecco l’intento di questa rete, spiegato nel loro sito web:

NoiNo.org è una prima persona maschile plurale, molto plurale. Perché non siamo una associazione né un partito: siamo una rete di uomini diversi tra loro per età, modo di vivere, convinzioni. Ognuno con la sua idea di che cosa vuol dire “essere un uomo” (o se preferisci “un vero uomo”): in NoiNo.org c’è spazio per tutti. Tranne che per i violenti.

La campagna, sostenuta e promossa da fondazioni, enti locali ed associazioni, mira a coinvolgere più uomini possibili, attraverso strumenti di comunicazione tradizionale, non convenzionali e social networks: molti i personaggi famosi che hanno già aderito alla campagna, ma tutti possono partecipare attivamente, facendo sentire la propria voce con un deciso “Noi No”.

Certo, la strada nel nostro Paese è ancora lunga, ma vedere gli uomini metterci la faccia e impegnarsi insieme alle donne è un traguardo importante per l’Italia.

Un’Italia che deve rivolgersi agli uomini, ai giovani, alle donne madri.

Un’Italia che deve far iniziare la lotta alla violenza tra le mura di casa, farla continuare tra quelle di una scuola e poi sugli schermi televisivi, nel web e sui giornali.

Un’Italia che deve insegnare il rispetto verso l’altro sesso e diffondere una cultura del dialogo.

Un’Italia che si impegni nell’educazione.

Perché è lì che deve essere gettato il seme del cambiamento.

Alessandra Toni

Ciao, sono Alessandra, ma chiamami Ale. Sono una redattrice editoriale, da sempre appassionata di storie e parole. Per anni ho scritto di web writing e comunicazione, oggi parlo di libri ed editoria con il nuovo percorso WeBook Road.

2 Comments

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *