Caro social, ti scrivo…

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“Caro diario…”

Chissà se le adolescenti di oggi usano ancora queste parole.

Chi ti scrive è una quasi trentenne che custodisce nei suoi cassetti un quantitativo piuttosto imbarazzante di diari dalle copertine più varie (sulle quali la progressiva diminuzione di fiorellini colorati segnala il passare degli anni) e dai lucchetti che si potevano chiudere “solo” con chiavi a forma di cuore (o almeno così credevamo).

Momento #instanostalgia: tre miei vecchi (e imbarazzanti) diari segreti.

Momento #InstaNostalgia n.1

Pagine bianche dove ognuno si sentiva al sicuro, protetto su una piccola oasi di carta e inchiostro che spesso si mischiava a infantili o adolescenziali lacrime: quei diari erano la cronaca quotidiana dei nostri attimi di felicità o di sofferenza, perché anche i piccoli problemi che oggi ci strappano un sorriso, allora ci sembravano dolori insormontabili.

Non solo diari segreti, però.

Proprio l’altro giorno sistemavo la mia stanza e ho ritrovato diari di scuola delle medie e dei primi anni delle superiori…proprio quelli che ci scambiavamo sotto i banchi durante lezioni di matematica o latino, per lasciarci una dedica, un disegno, la foto di qualche cantante che ci piaceva (e che mica potevamo raggiungere con un tweet!)

Devo ammettere che mi sono un po’ emozionata…

Momento #instanostalgia #2: diari di scuola anni '90

Momento #InstaNostalgia n.2

…emozionata nel constatare quanto quei diari siano stati un po’ antesignani dei nostri social network, di queste bacheche virtuali dove niente è più segreto o riservato solo ad una singola persona.

I diari di allora, infatti, si sono spalancati e hanno sostituito le proprie pagine bianche con i display e le penne con tastiere o dita sempre più “touch”.

Le giovani leve dell’umanità di oggi, i cosiddetti nativi digitali, si confidano sempre di più sui social e così, ad accogliere i loro segreti, non è più quell’inanimato pezzo di carta che non giudica o deride.

Contro il muro di Facebook, tanti ragazzi e ragazze continuano a sbatterci la faccia, ogni giorno, cogliendo del social di Zuckerberg solo il suo lato più dannoso e pericoloso.

Perché ficchiamocelo bene in testa: una macchina di grossa cilindrata messa in mani inesperte e ingenue, può provocare incidenti disastrosi.
Non solo possiamo restarne vittime, ma diventare veri carnefici e procurare danni al nostro passaggio.

Questi sono i social: macchine potentissime, belle, che ti possono rendere popolare, ma che vanno guidate nel modo giusto.
Cosa che non accade spesso e la cronaca ne è testimone.

Ad esserne al centro, un social meno conosciuto di Facebook, ma potenzialmente pericolosissimo: Ask.fm, ovvero Ask for Me, una community dove ogni utente può interagire rimanendo anonimo, ponendo e rispondendo a domande di ogni genere.

E’ questa la sua forza: l’anonimato.

ask-fm

L’invisibilità digitale, infatti, può rendere capaci di scrivere offese pesantissime ed umilianti che si insidiano nelle menti e negli animi, già vulnerabili, degli adolescenti.

L’ultimo orrendo caso è avvenuto a Padova, dove una quattordicenne non ha più resistito al gioco al massacro su Ask.fm e si è tolta la vita gettandosi nel vuoto dal piano alto di un albergo abbandonato.

Un’adolescente fragile, lasciata dal proprio ragazzo e che aveva deciso di sfogare la sua disperazione proprio su Ask.fm, arrivando addirittura a porre una domanda inquietante agli utenti anonimi: “Mi suicido?

Non ha trovato conforto e parole di sostegno, bensì cazzotti, uno dopo l’altro, camuffati da parole piene di incomprensibile odio.

Perché dall’altra parte c’erano adolescenti ai quali era stata consegnata quell’auto di grossa cilindrata di cui ti parlavo prima, ma che si sono messi in strada guidandola con una velocità smoderata e per giunta contromano.

Ragazzi che non sono capaci di realizzare che dietro il nickname e l’avatar, c’è una persona vera e non digitale.

Ma perché sta succedendo tutto questo?

Partiamo da un dato di fatto: tutti noi sappiamo molto bene cosa si prova ad essere adolescenti.
Ce l’avevamo con il mondo intero, ci sentivamo persi, inadeguati, incompresi.

Ma oggi l’impresa di questi ragazzini sembra ancora più dura.
Maledettamente più dura.

Sui social ci devi essere, sennò sei fuori dal mondo e pensano tu sia uno “sfigato”, e se ci sei, devi pure difenderti da chi può trasformarti in un sadico e stupido gioco.

E’ vero, anche noi avevamo a che fare con prese in giro e bulli (io stessa, alle medie, vantavo un bel numero di compagni che mi avevano presa di mira), ma non era come adesso.
Adesso è tutto potenziato e i ragazzi vengono lasciati ancora più soli e indifesi, perché non hanno le armi giuste per difendersi, essendo le prime generazioni a confrontarsi con questi problemi.

Chi deve darle, è la famiglia.

E’ solo la famiglia che può spiegare come guidare bene quella potentissima macchina, senza sbandare e fare del male a te stesso o a chi trovi sulla strada.
E’ solo la famiglia che può spiegare che non ci si confida sui social network.

Confidare deriva da confido, che significa “riporre fiducia in qualcuno”, “sentirsi al sicuro”; sul web, però, la sicurezza e la fiducia negli altri non sono sempre così scontati e confidarsi, per questo, è impossibile.

Per difendere le piccole vittime di cyberbullismo, proprio in occasione del Safer Internet Day ha preso il via Se mi posti ti cancello, campagna realizzata da Generazioni Connesse, una partnership tra varie realtà italiane impegnate nel promuovere i diritti dei minori  e l’uso responsabile dei new media (come Polizia Postale, Save the Children Italia, Telefono Azzurro), coordinata dal Ministero dell’Istruzione e co-finanziata dalla Commissione Europea.

Un’interessante iniziativa (qui il sito ufficiale) che coinvolge direttamente gli adolescenti, invitandoli a realizzare un video dove rispondere ad alcune domande poste dai due testimonial della campagna (non a caso ex concorrenti di Amici e quindi beniamini dei più giovani): domande semplici e spontanee che, tra una leggera ironia e una profondità più dissimulata, vogliono indagare il rapporto tra l’adolescenza e una vita in bilico tra reale e digitale.

Ecco il tutorial pubblicato sul sito:

Tutto questo combatterà il cyberbullismo?

Ovviamente no.

Le ragioni del fenomeno sono troppo profonde per essere combattute con una campagna, ma si tratta di un’iniziativa lodevole, importantissima, che coinvolge in prima persona gli adolescenti e mira a non abbassare mai la guardia sul lato oscuro della rete.

E’ per questo che sarà importante potenziare simili progetti al fianco dei giovani e delle loro famiglie, per insegnare l’uso più giusto del web, cogliendone solo le sue grandi potenzialità.

In fondo lo stesso Papa Francesco ha benedetto Internet definendolo “un dono di Dio” perché “può essere un luogo ricco di umanità, non una rete di fili, ma di persone”.

E questo deve esserlo, sempre.

Allora mi chiedo: viva il web, i social, ecc..(e io che li ho resi protagonisti in un blog, non posso dire altrimenti), ma riusciremo a tornare ai cari e vecchi diari, chiusi con lucchetti da sguardi indiscreti?

Ti dirò, ero piuttosto scettica, ma poi ho letto questa notizia: “Alla Mostra di Norimberga il giocattolo di legno batte l’elettronica”.

La storica fiera di giocattoli ha registrato, infatti, il successo dei tradizionali balocchi di legno, fatti pazientemente a mano, battendo a sorpresa i giochi più tecnologici di oggi.

La nostalgia di tanti ha così trovato conforto e allora chissà, magari un giorno anche le più giovani avranno voglia di tornare un po’ indietro nel tempo e conoscere quel luogo speciale dove confidare i propri segreti.

Quel luogo unico dove l’amico di carta e inchiostro li accoglierà.
Con un invisibile, ma caldo abbraccio…a forma di chiave.

Alessandra Toni

Ciao, sono Alessandra, ma chiamami Ale. Sono una redattrice editoriale, da sempre appassionata di storie e parole. Per anni ho scritto di web writing e comunicazione, oggi parlo di libri ed editoria con il nuovo percorso WeBook Road.

10 Comments

  1. Non si diceva che i minorenni non dovevano usare internet da soli? Almeno anni fa era così. Mi chiedo a cosa serva uno smartphone con connessione a un bambino delle elementari.

    La famiglia deve essere la prima a dare l’educazione e l’esempio. Se quei minori non avessero navigato da soli, quella ragazza di Padova magari sarebbe ancora viva. Magari no, non possiamo saperlo. Possiamo però dire che la responsabilità prima di quel suicidio non sarebbe stata di quei minori.

    Minori o minorati mentali? Me lo chiedo quando leggo certe cose. Come mi chiedo chi siano i genitori. Pensa anche al caso della sedicenne violentata a scuola, e le sue compagne che l’hanno criticata per aver denunciato gli aggressori. Chi sono i genitori di quei ragazzi e di quelle ragazze?

    • Esatto Daniele, sono d’accordo con te.
      La società ha attraversato lo smantellamento di tanti punti di riferimento educativi, ma quello della famiglia è stato il più dannoso, perché sostituito da smartphones che hanno assunto un vero ruolo di “baby-sitting” per bambini e ragazzi.
      Genitori inconsapevoli? Irresponsabili?
      Ogni caso andrebbe osservato a sé, ma se penso a tanti genitori che emulano gli adolescenti, pubblicando imbarazzanti autoscatti e post sui propri profili (ben visibili dai loro figli), i miei dubbi cominciano a lasciare spazio solo a tanta amarezza e a una nuova domanda: “Come riusciremo a fare un passo, anzi, 10 passi indietro (tanti quanti gli anni di Facebook)?”

      Grazie per il tuo interessante commento, Daniele…

  2. Non posso che essere d’accordo con Daniele, aggiungerei anche che le scuole dovrebbero educare gli alunni ad usare in modo civile e responsabile il web e i social media.
    Perché ricordiamoci di una cosa: il web è ormai una seconda vita, con la differenza che ogni commento, post o fotografia non rimane nei pensieri, ma ben indicizzato e accessibile a chiunque.

    • E’ verissimo quello che dici riguardo la scuola: anche secondo me dovrebbe esserci maggiore impegno nel responsabilizzare i ragazzi riguardo questi temi, ma avendo una sorella insegnante so bene che qualsiasi cambiamento in quell’ambiente è molto difficile da ottenere a causa delle risorse che mancano.
      Resta, comunque, fondamentale fornire ad ogni ragazzo la “cassetta degli attrezzi” per stare in rete e dal momento che molti adulti responsabili della loro educazione ne sono sprovvisti, mi auguro che al più presto si riesca a trovare una soluzione che parta “dall’alto” (pura utopia?? o.O)

      Grazie mille Alessandro per aver letto il post e lasciato questa tua riflessione…A presto!

  3. Io avevo la mitica “smemo” sulla quale disegnavo. Ora ho il blog dove faccio più o meno le stesse cose. Cos’è cambiato dal passaggio al digitale? Il concetto di condivisione principalmente. Se sul diario le cose devono rimanere segrete, sul blog invece sono di dominio pubblico. Si, i social sono degli strumenti potenti che bisogna imparare ad utilizzare. Se qualcuno ci offende, esistono degli strumenti per segnalare le offese. Gli hater e i troll professionali esistono un po’ ovunque su internet: non bisogna ascoltarli né replicare ai loro insulti. Ciao 😉

    • Ciao! E’ vero, la rete ci offre gli strumenti per difenderci da certi attacchi, ma il problema principale quando parliamo degli adolescenti è che loro non ne sono a conoscenza.
      Come ho scritto qui sopra anche a Alessandro, ciò che manca è quella cassetta degli attrezzi fondamentale per affrontare il lato oscuro del web ed imparare a non ascoltare, come hai detto te, offese di vario genere.
      Al momento, però, io li vedo troppo deboli, lasciati soli a se stessi, senza la guida giusta che li possa rafforzare.
      Purtroppo la strada non è nè facile nè breve, a causa di troppa sottovalutazione da più parti, ma forse stiamo iniziando a compiere qualche piccolo e timido passo…io me lo auguro davvero, perché come ho scritto anche nel post, essere adolescenti oggi è un’impresa maledettamente complicata…

      Grazie mille per questo commento, a presto!!

  4. Premesso che sono d’accordissimo con ciò che dice Daniele, ammetto però di essere attanagliata da una domanda/un dubbio che mi frulla in testa da tantissimo tempo: quanti ragazzi di 13 -15 – 17 anni permettono ai genitori di controllarli? Quanti genitori sono oggi capaci di dettare regole e farle rispettare come i miei hanno fatto con me da ragazzina? Quanto i figli sono capaci di eludere i controlli dei genitori anche se questi sono comunque attenti e presenti?
    Il caso della ragazzina di Padova non è l’unico, ma mi ha colpito moltissimo perché è accaduto non lontano al luogo in cui lavoro. Il primo pensiero è stato: ma in che società vivo? Non ho ancora una risposta, ma ho un’esperienza tutta personale.
    Anni fa, appena nati i blog, ne avevo uno mio che ho aggiornato fino a qualche mese fa, ma ne seguivo tanti altri. Tra questi il blog di un ragazzo che diceva di avere un fratello gemello, di essere uscito qualche mese prima con la ragazza del gemello, di aver avuto un incidente e… Lei non ce l’aveva fatta, lui avrebbe potuto camminare mai più. In quel blog si confidava, si sfogava, e così via, salvo poi scoprire tramite un commentatore che si trattava di una storia inventata di sana pianta, una storia magari accaduta in qualche parte del mondo, ma che in questo caso veniva scritta all’unico scopo di coinvolgere le persone, di prenderle dal lato emotivo, ed io che mi sono lasciata prendere dalla sofferenza, dal dolore che ci ho letto, ci ho messo mesi per riprendermi dallo shock di essere stata presa in giro. E questa è una piccolezza al confronto del cyberbullismo!
    Credo che le cose più importanti da imparare siano non solo il rispetto che si deve a se stessi alle persone che sono dall’altra parte dello schermo, ma anche l’educazione, l’accoglienza rispetto alle differenze personali e di opinione. Un’impresa, di questi tempi.

    • Ciao Valeria e benvenuta! 🙂
      Le parole con le quali hai chiuso il tuo commento riassumono molto bene il mio post: l’importanza del rispetto, dell’educazione e del dialogo.
      Ho sinceramente paura per questi ragazzi: paura che non possano capire quanto la rete possa essere ricca di opportunità, di occasioni, di esperienze.
      L’unico antidoto al cyberbullismo (e a tutti i malati rapporti con il web) è proprio la ricetta da te consigliata e riassumibile in quelle 3 parole chiave.
      Ma poi mi guardo intorno, accendo la tv, ascolto storie e mi chiedo…chi sta pensando a questi adulti del domani?
      Non molti, purtroppo e quell’impotenza di alcune famiglie, come hai ricordato te, è forse l’effetto di una società che ha corso troppo veloce per loro, lasciandoli indietro senza accompagnarli…

      Grazie per il commento, Valeria!

      • Sottoscrivo! Grazie a te perché il tuo post è stato spunto di una profonda riflessione… Anche off-line!

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