Ok, Glass…o No, Glass?

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Presto ci divideremo in due categorie: quelli dell’Ok, Glass e quelli del No, Glass.

Dopo una prima fase di sperimentazione riservata solo ai partecipanti del programma Explorer, gli occhiali futuristici di Mountain View sono pronti per il lancio sul mercato che avverrà nel corso del 2014.

L’attesa è tanta e positive sono le previsioni sulle vendite: secondo la Juniper Research, infatti, verranno venduti oltre 10 milioni di occhiali entro il 2018.

Cifre realistiche o illusorie?

Ancora non ci è dato saperlo, ma proviamo a immaginare un futuro a portata di Glass, nei suoi lati negativi e positivi…

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Come ormai noto a molti, basterà pronunciare due semplici parole, “Ok, Glass”, per accedere alla realtà amplificata targata Google.

Scattare foto, registrare video, telefonare, navigare su Internet, inviare messaggi e email, ottenere indicazioni stradali per raggiungere una destinazione…con i Glass informazioni e funzionalità saranno perfettamente integrate nella realtà che ci circonda.

Niente più schermi, tastiere e sguardi volti verso il basso (perdendo spesso di vista ciò che ci accade intorno), ma un futuro visibile con i nostri occhi, senza alcun filtro.

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Per garantirsi tutte le prestazioni, però, dovremo ricordarci di tenere sempre in tasca lo smartphone, al quale gli occhiali saranno connessi tramite una specifica app.

Negli ultimi mesi, comunque, tanti sono stati i cambiamenti tecnici per migliorarne le funzionalità e un importante passo avanti in questa direzione è stato compiuto proprio pochi giorni fa: Google ha deciso, infatti, di dare maggiore libertà di azione agli sviluppatori di app, pubblicando un nuovo GDK (Glass Development Kit) e per l’occasione, ha presentato 5 nuove applicazioni.

Tra queste, particolarmente interessanti per la loro utilità sono WordLens e Allthecooks.

La prima ci verrà in aiuto ogni volta che ci troveremo in difficoltà all’estero con le lingue straniere: basterà puntare i Glasses verso un testo o un cartello stradale e Wordlens proietterà negli occhi la traduzione nella nostra lingua, senza dover ricorrere a vocabolari o frasari.

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Quante volte, invece, vi è capitato di cucinare dovendo seguire una ricetta su un libro o sullo smartphone, rischiando di perdere qualche passaggio e sporcare tutto?

Con Allthecooks problema risolto: la ricetta sarà davanti ai nostri occhi, senza il pericolo di sbagliare dosi…o di macchiare lo schermo dell’I-phone con olio e farina!

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I Google Glasses, però, oltre a potenziare la nostra realtà, ne offriranno una migliore da vivere a coloro che soffrono di disabilità.

Negli Stati Uniti sta andando avanti una sperimentazione rivolta ai portatori di diversi handicap, per mettere alla prova le potenzialità tecniche e l’impatto dei Glasses sulle loro vite.

Tra i vari tester c’è Alex, una ragazza di 26 anni che nel 2011, a causa di un incidente stradale, ha perso l’uso delle gambe e parzialmente quello delle braccia: con i Google Glasses ha ammesso di aver recuperato molta della sua indipendenza, dichiarando

Mi basta indossare i Google Glasses per poter fare molte cose senza mani, come scattare fotografie o fare una ripresa video, semplicemente ‘chiedendo’ agli occhiali di farlo. Con i Glasses una paralisi non sarà paralizzante.

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È vero che la batteria non è eterna e ho bisogno di qualcuno che mi aiuti a ricaricarla ogni quattro o cinque ore, ma sono convinta che tecnologie come questa possano essere molto utili per persone che, come me, hanno perso parte delle proprie capacità fisiche.

Se volete conoscere meglio la sua storia e la sua esperienza con i Glasses, seguite il suo blog, ma intanto eccovi una splendida anticipazione:

Robert, invece, è ipovedente ed è certo che i Glasses possano essere un prezioso aiuto per descrivergli quella realtà che non riesce a vedere con i suoi occhi: con l’app per smartphone Googles, Big G aveva già pensato a queste problematiche, consentendo l’identificazione di molti elementi della realtà, ma senza l’intermediazione dello smartphone tutto potrà essere più semplice.

Le potenzialità per chi soffre di malattie alla vista vengono sottolineate anche da Stefano Ceccon, ingegnere biomedico alla City University di Londra che sta svolgendo ricerche sul glaucoma: è fermamente convinto, infatti, che i Google Glasses possano essere uno strumento rivoluzionario nella diagnosi precoce di tale malattia, immaginando una virtual reality app con la quale simulare il campo visivo di una persona con glaucoma.

Già in sperimentazione, invece, un’app made in Italy dedicata ai non udenti, dal nome Glass 4 Lis: realizzata grazie alla collaborazione tra Ente Nazionale Sordi e le aziende Rokivo e Vidiemme, questa applicazione sarà capace di tradurre simultaneamente ogni contenuto nella lingua italiana dei segni (Lis).

Glass 4 Lis è in sperimentazione al Museo Egizio di Torino dal 15 novembre e accompagna ogni visitatore non udente tra le varie sale, proiettando nell’occhio un avatar che traduce ogni contenuto nella lingua dei segni.

 

I Glasses, nel corso di questo primo anno di sperimentazione, hanno fatto anche il loro ingresso nelle sale operatorie rivoluzionando la cosiddetta telemedicina, ovvero la cura di un paziente a distanza.

Un paio di mesi fa, infatti, a Birmingham è stata scritta una nuova pagina della storia della chirurgia, con il primo intervento effettuato con l’ausilio congiunto dei Glasses e di Vipaar (Virtual Interactive Presence in Augmented Reality): Vipaar è un sistema di video conferencing interattivo e in tempo reale, progettato dalla University of Alabama di Birmingham.

Cos’è stato possibile fare con questa piattaforma?

Il chirurgo Brent Ponce ha effettuato la sostituzione di una spalla interagendo con un altro chirurgo, a miglia di distanza da Birmingham: la cosa straordinaria è stata che le sue mani erano lì presenti insieme a quelle di Ponce.

Gli occhiali da lui indossati durante l’intervento, infatti, hanno trasmesso in tempo reale ogni singolo passaggio al collega che si trovava ad Atlanta il quale, non solo poteva assistere, ma intervenire direttamente introducendo una mano virtuale nel campo visivo di Ponce.

Sembra pura fantascienza, ma guardate voi stessi…

 

I vantaggi di Vipaar sono ben visibili: grazie alla mano virtuale, permette a colleghi che vivono anche in continenti diversi di collaborare con facilità su un paziente, di unire le proprie forze e conoscenze durante un intervento, magari indicando imprecisioni, proponendo suggerimenti o nuove procedure a chi sta “materialmente” operando.

Anche uscendo dal campo medico, le potenzialità di Vipaar sono tantissime.

Immaginate di dover riparare qualcosa e di aver bisogno di un tecnico: una sua mano fantasma potrebbe guidarvi nella riparazione anche a distanza…e quante altre applicazioni potrebbero essere possibili nella nostra quotidianità …

Le potenzialità dei Glasses sono davvero straordinarie, tanto da spingerci a voler subito pronunciare le due parole magiche “Ok, Glass”, ma oltre alle luci, stanno emergendo le prime ombre e molti hanno già deciso di schierarsi dalla parte dei “No, Glass”.

Numerose le polemiche nate ancor prima del loro lancio sul mercato e quasi tutte ruotano attorno all’importante questione della privacy: la preoccupazione che questa possa piegarsi a pixel e megabyte è tanta e sta già mettendo in guardia autorità e pubblici esercizi.

I Garanti di molti Paesi del mondo, compresa l’Italia, decisero mesi fa di rivolgere una serie di domande a Google per avere maggiori delucidazioni sui Glasses e il nodo principale era: “verranno rispettate le varie legislazioni sulla privacy”?

Sotto la lente d’ingrandimento (e non dei Glasses, stavolta) c’era il timore che venisse inserito un sistema di riconoscimento facciale, ma pronta è stata la risposta da Mountain View: non verrà consentito l’utilizzo di applicazioni simili.

Ma riuscirà Google a difendersi da possibili sviluppatori di tali app, scaricabili sui Glasses senza il permesso della società californiana?

La questione e i dubbi restano aperti…al contrario delle porte di alcuni locali che hanno già deciso di vietare l’ingresso ai clienti che indossano i Glasses.

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Uno dei maggiori sostenitori della crociata anti Google si chiama David Meinert, proprietario di due locali di Seattle, il 5 Point Cafe e il Lost Lake Cafe & Lounge: molto chiara la sua posizione fin da quando, lo scorso marzo, decise di esporre i primi cartelli di divieto.

Deve essere chiara la cultura del 5 Point: i clienti vogliono venire qui, non essere fotografati o filmati di nascosto per poi essere pubblicati in tempo reale su internet.

Il 5 Point sarà il primo esercizio di Seattle a vietare i Google Glasses. E un bel calcio nel sedere è assicurato a tutti coloro che proveranno a violare il divieto.

Poche settimane fa Meinert è stato davvero di parola e a farne le spese è stato l’ingegnere Nick Starr, uno dei partecipanti del programma Explorer: l’uomo infatti si è recato al Lost Lake con indosso i suoi Glasses, ma alla richiesta da parte di una cameriera di toglierseli, si è rifiutato e così…è stato cacciato.

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La notizia ha fatto velocemente il giro del mondo sollevando molte domande su quello che potrebbe accadere dal prossimo anno in America, quando gli occhiali saranno accessibili a tutti.

Sicuramente scattare foto o registrare video a una persona senza il suo consenso sarà molto più semplice, così come la loro condivisione istantanea sul web, ma senza chiarezza su cosa siano in grado di fare i Glasses, si rischia di assistere a molta incoerenza da parte dei sostenitori del “No, Glass”: lo stesso Starr ha reso noto, infatti, che proprio sul menu del Lost Lake i clienti sono invitati a fotografare i piatti e a condividerli su Instagram.

E qui la domanda sorge spontanea: siamo proprio sicuri che con uno smartphone, oggi, il rispetto della privacy venga garantito?

O è solo l’appariscenza dei Glasses a farne un oggetto da vietare?

Nel frattempo pare che qualcuno stia già suggerendo la possibilità di inserire una piccola luce rossa che segnali lo scatto di una foto o l’inizio di una registrazione video…e chissà se nei prossimi anni verrà davvero integrata nelle lenti…

I divieti, però, non riguardano solo i locali.

Un mese fa è circolata sul web una foto che è già diventata un piccolo pezzo di storia: la prima multa per aver indossato i Glasses alla guida.

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La malcapitata al volante si chiama Cecilia Abadie che a San Diego è stata multata dalla polizia per aver superato il limite delle 65 miglia orarie e perché “guidava con un monitor visibile al guidatore (Google Glass)” .

Cecilia si è giustificata sostenendo che i Glasses non erano attivi e su Twitter si è scatenata una vera battaglia in sua difesa al grido di #freececilia, ma la questione resta controversa.

Manca una regolamentazione chiara e il percorso per poterla definire in ogni singolo Paese che commercializzerà i Glasses  (coerentemente con le proprie leggi esistenti) non sarà affatto breve.

Il confine tra giusto e sbagliato dovrebbe stare nel buon senso delle persone, ma sappiamo bene che questo non basta e chissà quanti altri divieti o multe ci saranno prima di avere chiarezza su ciò che potrà o non potrà essere fatto con questi occhiali.

Ma non è solo la delicata questione della privacy ad aver generato dibattiti.

Molta confusione, per esempio, attorno al prezzo che avranno i Glasses: prima dovevano costare 1500 dollari, poi 300 (rumour purtroppo smentito da Big G), poi di nuovo 1500… sicuramente è ancora presto per parlare di cifre, ma questo sarà uno dei fattori decisivi nel decretare il successo o il flop dell’uscita sul mercato dei tanto attesi Glasses (anche se i veri appassionati saranno pronti a ricorrere a gran parte dei propri risparmi pur di averli).

Altro importante elemento che spinge molte persone verso il “No, Glass” è il rischio di alienazione: ci aspetta davvero un futuro dove non ci guarderemo più negli occhi, ma nelle lenti dei Glasses?

E’ vero, l’integrazione tra reale e virtuale faciliterà ogni nostra azione o interazione sul web, ma molti già temono che ci renderà ancora più soli, immersi in una dimensione dalla quale sarà sempre più difficile staccarsi.

Ci chiediamo se i Glasses siano pronti al mondo dopo questo anno di sperimentazione, ma forse è il momento di riformulare la domanda: il mondo è pronto per i Glasses?

Alessandra Toni

Ciao, sono Alessandra, ma chiamami Ale. Sono una redattrice editoriale, da sempre appassionata di storie e parole. Per anni ho scritto di web writing e comunicazione, oggi parlo di libri ed editoria con il nuovo percorso WeBook Road.

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